Nella Galleria Indipendenza una trentina di lavori tra specchi e tele di PàdraigTimoney con la cura di Gérard Faggionato. Da venerdì 28 ottobre
La galleria Indipendenza presenta Waters of night,
mostra personale dell'artista Pádraig Timoney a cura di Gérard Faggionato.
Con una trentina di opere tra specchi e tele, Timoney porta in Indipendenza
una nuova sfumatura della sua indagine sulla costruzione dell'immagine.
Di stanza in stanza entriamo lentamente in un'atmosfera ombrosa e nebbiosa,
quasi dantesca, come se stessimo scivolando attraverso le acque tenebrose
dell'Acheronte e scrutando le forme bagnate di nebbia. Dall'interazione
tra ogni singola opera si crea un sistema di molteplici riflessioni in cui
sia l'osservatore che lo spazio fluttuano in una danza di apparizioni e
sparizioni: a volte reale, quando ci guardiamo negli specchi, altre volte
semplicemente suggerita, quando sull'immagine al contrario il nostro sguardo si posa
su quelli che Timoney chiama «specchi rotti»: tele a carboncino in cui ha
ricreato l'effetto illusorio di uno specchio che, non essendo in grado di
riflettere, si rompe.
In questa mostra il riflesso è l'immagine cercata e ritrovata in ogni
opera attraverso procedimenti tecnici differenti. Qui riscopriamo con
gioia un elemento centrale dell'approccio dell'artista alla creazione:
la ricerca di una sintesi tra l'immagine voluta, la materia su cui
prende forma e il processo per crearla.
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“…vide il Circo e l'anfiteatro in subbuglio con il furioso
gioco di organi; vide i gladiatori lottare a morte per
per amore della bellezza, le bestie attaccano gli uomini; vide le masse esultanti
con lussuria, affollandosi intorno a una croce su cui, ruggendo e piagnucolando con
dolore, uno schiavo insubordinato veniva inchiodato: l'ebbrezza di
sangue, l'ebbrezza della morte, e contemporaneamente l'ebbrezza di
bellezza -, e vedeva sempre più di queste croci, le vedeva
moltiplicandosi, lambiti dalle torce, lambiti dalle fiamme, le
fiamme che salgono dal legno scoppiettante e dal frastuono delle
folle, un oceano fiammeggiante che si chiuse sulla città di Roma e rifluì
via, lasciando nient'altro che rovine annerite, frontoni distrutti,
statue cadute, e una terra coltivata dalle erbacce. Ha visto, e lui
sapeva che sarebbe accaduto, perché la vera legge della realtà stessa si vendicava
irresistibilmente sull'umanità, e deve così vendicarsi, quando,
essendo più grande di qualsiasi manifestazione di bellezza, veniva barattato
bellezza, chiaramente offesa da questo, disprezzata dall'essere trascurata: alta
al di sopra della legge della bellezza, al di sopra della legge dell'artista, che era
solo avidi di conferme, c'era la legge della realtà, lì
c'era... la saggezza divina di Platone... l'Eros nell'urgenza dell'esistenza, lì
era la legge del cuore, e guai a un mondo che aveva dimenticato
quest'ultima realtà».
bio
Vive e lavora a Berlino. Al centro della pratica di Pádraig Timoney
c'è un'indagine continua sui modi in cui le immagini vengono costruite,
o ricostruite, attraverso la pittura. Resistendo a uno stile singolare,
le opere di Timoney sono invece unite nell'approccio; ogni dipinto
mira a collegare senza soluzione di continuità un'immagine scelta con
il materiale e il processo. Inventando spesso nuovi processi come
risultato, le opere funzionano come un indice o una registrazione delle
decisioni prese, mentre si dilettano nelle carenze del mezzo stesso.
Includendo gli errori di traduzione e l'errore di riconoscimento,
l'astrazione e la figurazione non sembrano mai troppo distanti,
apparendo spesso sul punto di crollare l'una nell'altra. Attraverso
queste modalità divergenti, le sue mostre documentano a loro volta una
specifica durata di tempo e di ricerca in studio, piuttosto che una
tradizionale tesi artistica.
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