Avendo superato cento regie teatrali
dei testi propri e di riscritture sceniche
dei classici e contemporanei, Luca
Guerini (rigorosamente) Con una erre
sola che è un titolo di uno dei suoi
spettacoli), si misura con L’avaro di
Molière. A Roma, lo porta in scena al
Teatro Petrolini il 24 aprile. Lo fa in un
modo insolito. La sua è una riscrittura
per quattro personaggi di cui quello di
Elisa, figlia dell’avaro Arpagone, è
affidato a un uomo. Ciò introduce nello
spettacolo l’argomento
dell’omosessualità, ricorrente
nell’quot;opera del regista. Il personaggio
di Arpagone, a questo punto, diventa
sempre più borghese e omofobo e ha
una ragione in più per la sua reticenza
nell’agire, oltre alla cupidigia
tratteggiata
da Molière.
Arpagone (l’Avaro), parte importante e
portante dello spettacolo, è
interpretato da Claudio Tombini. Il suo
lavoro sul personaggio parte
dall’attento studio del testo (originale e
riscritto dal regista). L’attore si è
lasciato ispirare dal teatro francese e
sudamericano: ci ha attinto parecchio
per plasmare il suo Arpagone, un po’
sopra le righe nella recitazione, ma
molto preciso e riconoscibile
nell’avarizia che possiamo osservare
attorno a noi oggi. Elio Zuccatelli è
Freccia, il servitore che fa da collant
agli altri personaggi e cerca di
interrogarsi sul suo stato sociale. Alex
Carosi interpreta Cleante, il giovane
amante di donne, soldi e giochi
d’azzardo, che contende una donna
con suo padre.
Fabrizio Giacomozi veste i panni di
Valerio, personaggio che, nella
riscrittura di Luca Guerini, rappresenta
la coscienza della storia ed introduce
l'argomento dell’omosessualità.
La recitazione è molto variegata, si
passa dai lazzi alla commedia dell’arte
all’interpretazione classica. I ritmi
comici sono rispettati, funzionano, le
risate del pubblico sono assicurate.
Dietro c'è tanto lavoro: lo studio del
testo originale e dell’eredità dei mostri
sacri del teatro italiano e mondiale,
l’adattamento e l’attualizzazione.
I costumi sono moderni, la scenografia
sobria e schietta. L'ambientazione fa
pensare a un deposito aziendale.
L’avarizia porta Arpagone a tenere
tutto sotto controllo e a non disfarsi
nemmeno dei pacchi di imballaggio ad
ogni acquisto che fa. Queste abitudini
trasformano la sua casa in un
magazzino.
Un particolare delle regie di Luca
Guerini è l’assenza delle musiche
registrate. Ci sono, però, canzoni che
gli attori accennano a cappella. Ciò
rende più arduo e complesso il lavoro
sui cambi di atmosfere, che viene fatto
e riesce comunque, grazie alla
bravura degli attori e alla loro
interazione sul palcoscenico. L’uso
delle maschere in alcune scene ci
porta immediatamente all’interno dei
canoni della commedia dell’arte.
Questo spettacolo è un interessante
mix del presente e del passato
remoto. Ciò riguarda sia i contenuti
che porta, sia i mezzi con cui viene
messo in scena
Ci sono, nello spettacolo, anche
preziose citazioni e riferimenti ai
grandi registi e attori dei decenni
precedenti come Luca Ronconi e
Carmelo Bene. È sicuramente
emozionante vedere che la lezione
degli insuperati maestri del Novecento
influisce ancora oggi sul teatro attuale
italiano.
Luca Guerini è uno dei registi che non
sa stare fermo, e ora, dopo le comuni
difficoltà pandemiche e post-
pandemiche, si avvia verso le sue
nuove mete creative. Il suo percorso
artistico e molto suggestivo, ispira e
suscita tanta curiosità.
Olga Matsyna per Slash Arts