Daniele Vicari, regista di pluriennale esperienza, vasta e variegata (film, serie TV, videoclip, documentari), molto attento alle tematiche sociali, ci consegna un’opera cinematografica piena di interrogativi. “Orlando” è un film che osserva, incuriosito, e fa osservare allo spettatore il violento incontro/ scontro fra il vecchio e il nuovo, il mondo contadino (qui, a sorpresa, anziché il sud che ci saremmo aspettati, la provincia di Rieti) e il mondo di una grande metropoli mitteleuropea (Bruxelles, per esattezza).
Orlando, un contadino sabino, ha un figlio, Valerio, emigrato nel Belgio. Un
problema di salute che ha Valerio spinge suo padre Orlando a viaggiare verso lui, affrontando la difficoltà linguistica e facendo una serie di sacrifici. Orlando non trova Valerio al suo arrivo, ma ne scopre i segreti che portano il contadino ad integrarsi in un nuovo luogo, a viverci, lavorarci e stringerci nuove amicizie.
È un racconto su un’emigrazione insolita, quella imprevista, fortuita. Ma anche un poema sulla solitudine che può riguardare ogni essere umano dall’età piu tenera a quella più avanzata. La solitudine che svanisce appena cerchiamo l’altro e gli porgiamo la mano.
È un film in cui sono molto dosate le parole. Orlando parla solo quando ha qualcosa da dire. Parlano di più gli
sguardi, le immagini, le musiche. Sono molto suggestive, sia quelle tradizionali (arrangiate da Davide Cavuti) sia quelle originali (composte da Teho Teardo). La fotografia è fedele alla realtà restituendo una netta differenza fra i colori, le luci e le atmosfere dell’Italia centrale e quelli della capitale belga. Il sole manca a Orlando nel Belgio, ma ciò che egli trova a Bruxelles, vale sicuramente la rinuncia di rientrare in patria.
Il film ha dei ritmi lenti, ma è la sua forza. Ogni “rallentamento” nel ritmo è pieno di significati profondi che vengono veicolati attraverso la musica. La colonna sonora è uno dei protagonisti. I personaggi sono intensi. A volte cupi per la gravità dei fatti raccontati, a volte, invece, gioiosi. Ci
sono anche momenti di divertimento, di ironia, di un felice dialogo nel superamento della solitudine esistenziale.
Un film che sorprende, che ridà una speranza. Non è mai troppo presto, non è mai troppo tardi. Per trovare sé stessi. Per trovare l’altro. Per amare.
Olga Matsyna
per “Slash Arts”, Roma
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