“PASOLINI BORGHESE”,
libro di GIANFRANCO TOMEI
edito da “Edizioni Nuova cultura”
Quello di Gianfranco Tomei è un saggio molto complesso che si dà come obiettivo lo studio di un Pasolini insolito, scomodo e ancora poco esplorato. Tutti lo conosciamo come un intellettuale di sinistra. Ciò, all’epoca, aveva un significato molto preciso e imponeva delle scelte da compiere per tutto ciò che riguardava il proprio stile di vita. Pier Paolo Pasolini, da intellettuale libero, certi schemi li rompeva. Così, diventava scomodo sia alla destra sia a una certa sinistra in quanto ben poco si lasciava “catalogare”, “inquadrare”.
Ciò che non rientra nei canoni di un “Pasolini intellettuale di sinistra” è al centro dell’analisi dell’autore, spinto, a sua volta, da un quesito di verità, non da un desiderio di una nuova polemica o uno scandalo, da sempre così necessari alla diffusione di informazioni e/o alla promozione di opere d’arte. In questo caso, di uno scandalo in più non ce n’è bisogno. Una figura più scomoda e scandalosa di Pasolini, per oltre quattro decenni dopo la sua scomparsa, forse non esiste.
Per un lungo periodo Pasolini è osannato come il cantore del sottoproletariato. “È un’immagine vera, ma parziale”, – sostiene Gianfranco Tomei ed esplora i lati meno noti del grande esponente di cultura italiana.
I personaggi borghesi di “Teorema”, “Edipo Re”, “Porcile”, “Petrolio”, Pier Paolo lì conosce dall’interno, borghese di estrazione anch’egli, e li accusa di un’omologazione culturale e del trionfo del consumismo (oggi, più che allora, ancor più sentito) e reagisce a questi fenomeni scrivendo “Il poema delle lucciole” e “Il romanzo delle stragi”.
Tomei analizza varie tappe del percorso pasoliniano, dal periodo nazional-popolare del “Vangelo secondo Matteo” a quello poetico (che dura, in realtà, tutta la vita, ma ha le sue punte di diamante ne “Le ceneri di Gramsci” e in “Poesia in forma di Rosa”), dalla Divina Mimesis (“La divina commedia” a lui contemporanea, in cui descrive Hitler come colui che strappa la piccola e grande borghesia al suo conformismo e
la porta a sognare i sogni più terribili), al “Teorema” criticato dal clero e dal comunismo, che contiene, però, un avvertimento: Hitler sarebbe una risposta alla borghesia votata all’autodistruzione. Subito dopo arriva il “Teatro” con sei opere e il manifesto per un teatro nuovo pensato per mostrare alla borghesia la sua vera faccia affinché essa ne uscisse rivoluzionata.
Una specie di parentesi, in tutta la produzione pasoliniana, è la cosiddetta “Trilogia della vita” composta da film “Decameron”, “Racconti di Canterbury” e “Il fiore delle mille e una notte” la cui idea cardine è una libertà sessuale della società, non imposta, però, dall’alto. Pasolini era convinto che, se il potere “sdoganasse” la sessualità, iniziasse a tollerarla e ad autorizzarne varie forme, si compierebbe una violenza ancor più brutale (non sembra ciò che viviamo noi oggi?) Ecco perché la sessualità raccontata nella trilogia è pura e piena di pudori e sensi di colpa. Gli incassi dei film confermano che il pubblico, in una rappresentazione come quella, si riconosceva in pieno.
Immediatamente dopo, arriva, secondo l’autore, la tappa alla quale Pasolini intraprende un violento “corpo a corpo” con il potere. Sono gli “Scritti corsari” e “Lettere luterane”.
È, probabilmente, il Pasolini che fa più scandalo in assoluto. Propone di abolire la televisione e la scuola dell’obbligo. Accusa l”antifascismo di diventare il nuovo fascismo in quanto toglie la sacralità sia alla tradizione sia allo stesso concetto di una vita umana, imponendo una
democraticità finta che ha per unico valore il consumismo. È il “Romanzo delle stragi” con la profezia sulla strage di Bologna e con “io so ma non ho le prove”. È il film su Salò, tratto dal testo del marchese de Sade, ma ambientato nella repubblica mussoliniana giunta al suo tramonto dove il potere è assoluto si approfitta delle sue vittime che tortura, violenta e uccide.
Il libro ci porta al punto “clou” – il Petrolio, un romanzo che sfiora, nei contenuti, il miglior giornalismo d’inchiesta al livello mondiale. Se fu eliminato De Mauro che svolgeva le indagini sull’ENI, come poteva scampare Pasolini? Un Pasolini spiato dal SID e con il telefono controllato – non sarà una rivelazione assoluta, ma lo spostamento di accenti, sicuramente, sì. E il saggio di
Tomei gli accenti li sposta con maestria. La collusione della destra e della sinistra, ora assai evidente, era allora uno scandalo che, da solo, avrebbe potuto costare vita a chi la svelava.
Il saggio è ambizioso nel tentativo di scandagliare tutte le cause ed effetti. Sull’omicidio di Pasolini esso non solo ci fornisce tutte le versioni, ma ne individua i presupposti ed esplora le conseguenze nei decenni successivi, fino ad arrivare ad oggi.
L’attenta analisi di Gianfranco Tomei ci restituisce un Pasolini non fermo e statico, ma dinamico nelle sue ricerche, irrisolto nelle sue contraddizioni – esattamente come lo è, ieri e oggi, la realtà stessa.
Olga Matsyna
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