“Tracce d’amore” di Laura Grosso

All’Hotel Aleph di Roma, in via di San Basilio, nella Hall, nella parte alta dell’ampio e sontuoso salone, sono collocati sei grandi quadri di Laura Grosso, costitutivi di una mostra a cura di Gabriella Perna.

Avevo già visto altre mostre all’ Aleph, ma questa volta mi ha sorpreso che i quadri leghino con tanta armonia all’ambiente, che potrebbero rimanervi come opere fisse sia esteticamente sia come contenuti in quanto la serie ha come sfondo alcune ville romane e inneggia all’amore, da cui il titolo “Tracce d’amore”. Quale miglior auspicio per una coppia che prende una stanza in quell’Hotel?

Infatti il tema è unico, un ciclo di rappresentazioni di sei opere dedicate all’amore: vastissimo tema in questo caso incentrato nel modello della “Coppia originaria”.

A dispetto dell’ottimo comunicato stampa e dell’altrettanto colto testo critico di Adriana De Angelis, che meriterebbe un apposito scritto solo per essere citato, esaurisco qui la parte dedicata agli spunti e riferimenti dei quadri; quindi trascurerò gli sfondi scenici di Villa Adriana, Parco delle Valli, Villa Nemorense, Villa Ada e Villa Borghese, non parlerò dei giardini di Rubens, del Ciclo della Vita di Munch, di “Essere due” di Luce Irigaray, e mi dedicherò a quello che è l’aspetto pittorico del ciclo.

Laura Grosso dipinge figure ad animose campiture sottolineate da pennellate che danno vitalità ed espressione ai soggetti, rappresentati con una maestria tendente alla sintesi e alla resa ideale di quello che vuole affermare. La tavolozza dei suoi colori anela le tinte chiare, solari ma non troppo, non è molto varia, ma sufficiente per dare spettacolo cromatico, che abilmente investe nei personaggi rendendoli attraenti tanto da dedicargli attenzione, in una composizione di discreto effetto scenico.

Nei suoi quadri c’è l’intenzione esplicita di chiamare lo spettatore a far parte di quello che rappresenta, uno spirito di partecipazione a “una sorta di cornice in parole” che sono i suoi desideri, “l’Eden” nel quale ti vuole accompagnare delicatamente, quasi per mano. Una persuasione al bene o a quello che dovrebbe essere idealmento lo spirito umano, l’amore, la voglia d’amare.

Il verde preminente offre una tranquilla serenità, sono quadri che si dovrebbero guardare già rilassati per meditare le movenze naturali dei soggetti. I passaggi di colore non sono bruschi anche se la plasticità dei soggetti è evidente. Ognuno dei quadri è un’ambientazione, aneddoti di vita che permettono di essere attraversati dalla fantasia dello spettatore, c’è un’armonia sottintesa che deve essere indagata, come a far decantare un pensiero che emerge in un secondo momento.

Come tutti sanno, l’artista vivente più quotato al mondo è David Hockney, che dipinge quadri figurativi, ovvero fa un genere che il movimento d’avanguardia voleva scalzare e che invece è diventato la tendenza vincente. In sintesi, ancora oggi è l’immagine umana a comunicare il contenuto dell’opera, come confermato dalla street art di Banksy e dal suo grande successo popolare. Con mia sorpresa, già da prima del covid, avevo appreso che in Inghilterra molti giovani pittori sono figurativi: un fenomeno che da quelle parti ha fatto ridimensionare molto l’arte astratta, concettuale, installazioni, land art, ecc.

Ad eccezione del primo quadro, che è stato ultimato dall’Artista alla fine del 2022, tutte le altre opere sono state dipinte nel 2023, in contemporanea.

La mostra è visitabile senza prenotazione dal 17 luglio al 17 ottobre.

 

Laura Grosso è nata a Bari nel 1955 e vive a Roma dal 1966. Completa la sua formazione presso il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Via Ripetta a Roma, con i maestri Poggi, Fraschetti e Ziveri, che la introducono alla pittura italiana del Novecento. Ha scelto di concentrare la sua ricerca solo sulla pittura, soprattutto sulla luce. Negli anni ha dipinto in Italia, Stati Uniti, Germania e, con altri pittori, in Cina, Palestina e Francia. La pittura di Laura Grosso ha una lunga storia, affondando le sue radici nella “Scuola Romana”, si forma professionalmente come allieva di Alberto Ziveri. È qui che matura e consolida una fede nella creazione artistica a cui non rinuncia mai: la pittura ha un costante rapporto dialettico con la realtà, ed è quindi una pittura di “persone”, oggetti e paesaggi.

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